Il complotto dei Caini
Come tutte le forze del Bene, il capo degli abelisti è vittima di sinistri complotti, che mirano a offuscarne l'immagine e stroncarne la carriera politica. I giudici lo accusano ad esempio di aver cercato di alterare il campionato 2000 con un infantile trucchetto, un espediente di terz'ordine non certo all'altezza dello spessore del personaggio. Era la sera dell'11 maggio 2000 e lo Sporting Abele, costretto a giocare con un uomo in meno a causa di un infortunio, arrancava sotto gli attacchi implacabili degli avversari. Durante una azione di alleggerimento il Giardina, non contrastato da nessuno, rovinava a terra in una delle poche zone non gibbose del terreno, e senza ragioni riconducibili alle leggi della fisica. Il giocatore, caricato in barella e privo di sensi, riusciva a raccogliere le residue energie per pronunciare, in un estremo sforzo, le memorabili parole: «Sei contro quattro non vale, bisogna mischiare le squadre!». Poi sveniva nuovamente e spariva nella notte. In seguito all'episodio, la partita non poteva essere omologata. La fortuita coincidenza tra l'insolito infortunio e le difficoltà della squadra abelista spingeva allora i maligni a insinuare l'ipotesi di un incidente simulato. Anche la miracolosa guarigione del giocatore che la notte del fattaccio veniva visto agitarsi a suon di musica in almeno quattro balere, e dopo una settimana recuperava il suo consueto stato di forma dimostrandosi come sempre una pippa appariva, agli occhi dei maligni, un ulteriore indizio di colpevolezza. Finché, come in tutti i palazzi dei veleni, anche in casa abelista spuntava il Corvo. Una lettera a firma Clemente Mastella recapitata ai vertici del Real Caino e da questi delatoriamente trasmessa all'autorità giudiziaria veniva presa al balzo dai magistrati della procura di Paperopoli (notoriamente politicizzati e vicini al partito cainista). Cominciava così il calvario dell'innocente Moni: evitato e schernito da tutti (come Pietro Pacciani) per le strade della città; processato sommariamente (come Craxi e Berlusconi) in piazza e sui giornali; scacciato dall'Eden (come Adamo ed Eva) senza neanche aver potuto rubare una mela; difeso solo da Sgarbi (come Totò Riina) senza neanche aver potuto baciare Andreotti. Per dovere di cronaca, siamo tenuti a pubblicare il vile e proditorio scritto che ha avviato l'indagine della Procura. Le prove, a prima vista, sembrerebbero schiaccianti. Ma la giustizia e l'innocenza alla fine trionferanno. C'è un giudice a Paperopoli: e per lui sono già pronti gli arancini!



Caro Presidente
chi Le scrive è qualcuno che di solito vorrebbe vederLa triste, incazzato con la sua Squadra, disperato per un altro gol insaccato. Stavolta però la mia coscienza mi impone di renderle noto che in occasione della scorsa partita (giovedì 11 maggio) il Barone De Cubertin (perdoni l’ignoranza ma non ricordo come si scrive) non soltanto si è rivoltato nella tomba, come accade praticamente tutti i giovedì, ma ha addirittura chiesto un trasferimento d’urgenza all’Inferno. I sospetti che un po’ tutti avevamo quando il nostro presidente (volutamente la p è minuscola) si è “infortunato” si sono concretizzati con la candida ammissione della di lui fidanzata, che interpellata a riguardo ha risposto: «non si è fatto nulla, non voleva continuare con un giocatore in meno». Posto che chi Le scrive ha sempre professato la slealtà, l’imbroglio e l’inganno come regole di vita, come Lei stesso per anni mi ha insegnato, ritengo che qui si sia andati oltre, poiché è stato ferito l’orgoglio di una squadra intera che voleva continuare la partita con il coltello tra i denti.
Purtroppo le prove del fattaccio non verranno mai alla luce, potrebbero dire che questa lettera se l’è scritta Lei come Berlusconi si mise la microspia, ma deve capire che non posso rovinarmi un futuro calcistico che faticosamente sto cercando di costruire. A meno che Lei non disponga di L. 50.000 e voglia farne dono a chi crede ancora nello sport e nell’onestà.
La riverisco e attendo una sua pubblica uscita.
P.S. Il mio n. di CC è il seguente:
(OMISSIS)